A un anno e mezzo dall’inaugurazione di Meet, il centro internazionale per l'arte e la cultura digitale di Milano, intervista alla direttrice Maria Grazia Mattei.
Meet, il primo centro internazionale per la cultura digitale in Italia, compie quasi due anni di vita dalla sua inaugurazione. Lo spazio milanese progettato dall’architetto Carlo Ratti ha dovuto fare i conti con le turbolenze dovute alla pandemia ed è riuscito ad attivare un dibattito sui temi della cultura del digitale. Abbiamo incontrato Maria Grazia Mattei, giornalista e critica d’arte, per conoscere le novità del progetto e scoprire in modo la città di Milano ha accolto le iniziative proposte.
Che anno è stato il 2021 per Meet? A un anno e mezzo dall’inaugurazione, il bilancio è stato positivo?
Sono un'inguaribile ottimista, posso dire che è stato un anno test molto interessante, dal punto di vista economico abbiamo retto l’urto. Abbiamo sviluppato diversi progetti con la Comunità Europea e con partner canadesi, entrando in un network molto interessante. C’è stato interesse anche da parte dei privati, che sono stati coinvolti a vari livelli come nel caso del Climate Solutions Forum di F20 lo scorso settembre. Un altro progetto di rilievo è quello realizzato in collaborazione con SEA Milan Airports, dove artisti e creativi mostrano le loro opere all’interno dell’aeroporto. Insomma, stiamo dando forma a Meet come un luogo di dibattito e confronto sul digitale, tematica che ormai interessa tutta la società. Un segnale importante è dato dal fatto che chi viene al Meet per la prima volta poi ritorna.
Enter the Plastocene è il titolo della nuova mostra che ha inaugurato il 9 febbraio, un’esperienza per sensibilizzare i visitatori sul tema della plastica degli oceani. Quanta sostenibilità ci sarà nel palinsesto 2022 di Meet?
Se ne parlerà sempre. Penso che sia doveroso da parte di tutte le istituzioni, anche culturali e artistiche, guardare alla situazione ambientale. Queste problematiche che stanno emergendo sempre più fanno da sfondo al progetto di Meet: siamo infatti partner ufficiali del New European Bauhaus, un movimento creativo voluto da Ursula von der Leyen che punta a ricostruire un’Europa più sostenibile, bella e inclusiva. Rappresenta una rete di pensiero che poi approderà in azioni concrete immaginate dalle 21 organizzazioni internazionali, selezionate dalla Commissione Europea, che lo compongono. Quello della sostenibilità è un tema che ci riguarda, l’ecologia non è più una cosa di nicchia. Il digitale c’entra a tanti livelli: arte e creatività sono driver per fare breccia nel mindset delle persone.
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A proposito di digitale, negli ultimi mesi si è parlato molto di NFT, blockchain e metaverso: un tema divisivo che porta con sé schiere di entusiasti ma anche critici. Qual è la sua opinione in merito?
Meet è un centro di incontro sui temi legati al digitale, non tanto tecnologico ma inteso come approccio culturale. Questa premessa per dire che Meet non si occupa di NFT soltanto perché oggi va di moda, ma perché fa parte di un ecosistema digitale più ampio. Meet è un osservatorio molto privilegiato in grado di monitorare soluzioni creative che non sono ancora diventate mainstream. Personalmente ho capito che il mondo sarebbe stato digitale guardando movimenti artistici che lavoravano con i computer agli inizi degli anni Ottanta. La ricerca e l’innovazione, così come l’idea di sviluppi futuri, hanno sempre avuto una grande slancio grazie alle visioni di menti creative e artistiche, insieme naturalmente a ingegneri, tecnici e accademici. Negli anni sono nati una serie di laboratori che hanno anticipato sviluppi che oggi abbiamo tutti sotto gli occhi, inclusa la questione del Web3. Con Meet mi occupo di dare vita a una visione sistemica, non mi occupo solo di NFT: la nostra funzione è quella di portare a galla di volta in volta gli aspetti, cercando di ricostruire un ecosistema più ampio, che risponde a un bisogno: come gestire la complessità del mondo. Cosa può aiutare la governance? Lo sviluppo di queste tecnologie può rispondere, nel bene o nel male, a sfide che racchiudono un grado di complessità enorme.
Mad, Museo dell'arte digitale, sorgerà entro il 2026 nell'ex Diurno di Porta Venezia, sotto la guida di Ilaria Bonacossa. In che modo questi due spazi dialogheranno e interagiranno tra loro?
È un progetto all’orizzonte: attualmente c’è stato un passaggio importante a livello di relazione con il Ministero della Cultura, che sta delineando anche uno sviluppo per Meet. C’è una forte volontà da parte nostra di creare una partnership effettiva, magari nella programmazione e condivisione dei contenuti, ma dobbiamo ancora stabilire con Ilaria Bonacossa le modalità. L’obiettivo è quello di attivare vere e proprie sinergie attraverso due luoghi che abbiano funzioni diverse ma integrabili.
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© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 15 febbraio 2022