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Mondi Connessi: la parola a Emanuele Farneti e Agostino Iacurci

— 05 aprile 2025

“opendoor”, è un palinsesto di talk con protagonisti del mondo del design, della cultura, della moda e dell’architettura pensato da Door

Un evento pensato per il Fuorisalone che prevede sette giorni di incontri, workshop, dj set e installazioni insieme ai grandi protagonisti dell’architettura, dell’arte e della moda: “opendoor”, è una sorta di manifesto di “Mondi Connessi”, pensato da Door con la regia di Emanuele Farneti e la partecipazione di Agostino Iacurci. Opendoor si terrà dal 7 al 13 aprile 2025 nei Chiostri di San Barnaba, in via S. Barnaba 48. Il progetto prevede uno spazio espositivo unico, un Giardino delle Meraviglie firmato dall’artista Agostino Iacurci, al cui interno è previsto un programma, a cura di Luca Molinari, di talk e interviste che metteranno a confronto alcuni tra i più importanti autori del mondo del design, insieme a protagonisti di altri settori: dall’arte alla moda, dalla scrittura all’architettura. A chiudere ogni serata, un esclusivo DJ set a cura di Radio Deejay. Nei giorni finali, sabato 12 e domenica 13 aprile, è prevista un’apertura speciale dalle ore 11 con due giornate ricche di workshop e laboratori rivolti ad adulti e bambini
Abbiamo rivolto un’intervista doppia a Emanuele Farneti e Agostino Iacurci.

Due parole su di voi: come vi definite?
E.F. Mi definisco un giornalista, occasionalmente un direttore.
A.I. Sono un artista visivo. Lavoro principalmente con il disegno, la pittura e l’installazione. Negli ultimi anni mi sono interessato sempre più a un’idea di pittura espansa, che diventa architettura e poi pratica sociale, attraverso processi partecipativi.

Quali sono i "mondi connessi” più interessanti che emergono dal confronto tra design, arte, moda e scrittura?
E.F. “Amo i magazine e penso che anche e forse soprattutto oggi, quando sono fatti come si deve, rappresentino un punto di incontro e confronto tra discipline, e il luogo in cui talenti della scrittura, della grafica, dell’arte e della fotografia possono sperimentare e quindi crescere in libertà. Sono insomma, per definizione, dei mondi connessi”.
A.I. C’è un piano personale, che trovo il più stimolante, in cui i “mondi” sono le persone e il dialogo è la connessione. Collaborare con curatori, artigiani, editori, tecnici, scrittori o studiosi è sempre un’occasione per aprire nuovi sguardi e mettere in discussione le proprie abitudini di pensiero. Sul piano teorico, credo molto nel potenziale dell’interdisciplinarità: viviamo un tempo in cui i confini tra le discipline si fanno sempre più porosi, e questa osmosi aiuta a restituire la complessità del presente. Proprio nei punti di contatto – tra arte e design, tra gesto artigianale e visione concettuale, tra parola e immagine – si aprono spazi fertili e inesplorati, capaci di generare nuove forme di pensiero e di pratica. Infine c’è un piano produttivo: attraverso lo scambio tra i vari comparti dell’industria creativa e culturale — attraversati da trasformazioni e crisi profonde — è possibile inventare nuovi modelli di produzione.

Al Fuorisalone 2025 presentate "opendoor": un progetto dedicato al mondo dell'outdoor. Quali sono gli elementi alla base del concept?
E.F. La celebrazione di tutto quello che la parola outdoor evoca: mobili, certo, ma anche il piacere dello stare fuori, del godersi l’aria fresca d’inverno e il sole d’estate. Outdoor è anche avventura e ovviamente sostenibilità.
A.I. Opendoor nasce dalla suggestione del giardino come luogo di incontro, e come riflessione sul concetto di apertura: verso l’altro, verso nuove possibilità. Intende promuovere una riconfigurazione dello spazio esterno come luogo di relazione, sensibilità e trasformazione. I principi fondativi — dialogo, inclusione, esperienza — si traducono in un paesaggio fatto di installazioni, oggetti e situazioni. Ma senza dubbio Emanuele Farneti è la voce più indicata per raccontarne l’impianto”. 

Come è stata scelta la location dei Chiostri di San Barnaba e che ruolo gioco il luogo nella definizione di un evento al Fuorisalone?
E.F. Il luogo è l’evento. Con il curatore Luca Molinari e Fasten Seat Belt che ha seguito la produzione avevamo in mente di creare un’oasi di quiete nel cuore della città, un angolo in cui potersi godere un attimo di riposo dalla frenesia di questi giorni, circondati dalle opere di Agostino, e qui ascoltare il confronto tra punti di vista diversi sulla creatività. Il riferimento al Giardino delle meraviglie è venuto così spontaneo. Al di là degli ovvi riferimenti pittorici e letterari, penso che ciascuno abbia un giardino del cuore di oggi o solo nei ricordi.

Quali sono i riferimenti artistici o culturali particolari che hanno ispirato il progetto?
A.I. Il progetto, dal titolo Delights, si ispira a una rete di suggestioni che va dai giardini rinascimentali ai racconti utopici del Cinquecento, dai diorami ottocenteschi alle narrazioni contemporanee sull’ecologia e sul paesaggio come costruzione culturale. Alla base c’è l’idea di rovesciare il concetto di hortus conclusus — il giardino chiuso — per trasformarlo in uno spazio aperto, condiviso, attraversabile. Ho immaginato il Chiostro dei Pesci come un grande capriccio: un insieme di elementi reali e immaginari messi in relazione in modo libero, evocativo, non gerarchico.

Qual è il filo conduttore che lega gli ospiti del programma di talk e interviste?
E.F. Abbiamo voluto con noi amici che rappresentano la Design Week, quelli che con il loro lavoro hanno contribuito a rendere Milano sempre più il punto di riferimento internazionale del settore. Ma ci piaceva l’idea che non dialogassero tra loro (succede già), quindi per ciascuno abbiamo pensato a un interlocutore che potesse spingere la conversazione in territori nuovi: che sia una scrittrice, uno stilista, un artista, uno chef appassionato di design…

Opendoor unisce diverse discipline: arte, design, moda, food e mobilità diventando di fatto una sorta di manifesto dei "mondi connessi". Agostino, Come ha declinato questa contaminazione nel suo Giardino delle Meraviglie?
A.I. Ho aderito al progetto con la consapevolezza di essere solo una voce in un lavoro corale: un palinsesto in cui il mio contributo si intreccia a quello di un team eterogeneo: Emanuele Farneti, Luca Molinari, Francesca Santambrogio, gli ospiti e tanti altri. Dal punto di vista formale, l’unione tra le discipline è suggerita da una mancanza di gerarchie e distinzioni tra gli spazi: elementi di design come arredi e strutture si fondono con materiali innovativi; sculture scenografiche ispirate all’illustrazione botanica convivono con piante vere. La moda entra attraverso texture e materiali, il cibo si traduce in uno spazio pensato per la convivialità. Il giardino diventa così una mappa tridimensionale di questi mondi che si toccano: uno spazio accessibile, più soglia che recinto.

Dopo opendoor, avete in mente nuovi progetti che esplorano il rapporto tra arte, natura e spazi abitativi?
E.F. Questa prima edizione di opendoor è pensata per aprire un percorso: se, come speriamo, piacerà al pubblico, vorremmo diventasse una presenza costante per molte Design Week a venire.
A.I. Sì, esperienze come questa rafforzano la mia convinzione che l’arte possa avere un ruolo concreto nella progettazione degli spazi che viviamo. Penso sempre più ai miei lavori come a palinsesti capaci di accogliere esperienze: grandi dipinti abitabili.





Tag: Mondi Connessi Design Interviste Arte Fuorisalone



© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 05 aprile 2025

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