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Stefano Maffei: “La nuova discussione sul design parla di nuovi materiali, economia circolare, synthetic biological”

Osservatorio — 12 aprile 2021

Rilancio economico, supporto al made in Italy, trasformazione digitale, sostenibilità. Sono alcuni dei grandi temi che le aziende, a vari livelli in tutti i settori, affrontano inquadrando rischi e opportunità dati dal contesto pandemico. Ed è di cambiamenti a margine dell’emergenza sanitaria, ma anche valore di impresa e percorsi differenzianti, che abbiamo parlato con Stefano Maffei, professore ordinario presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano. Un incontro denso di stimoli per provare a capire in che direzione si sta muovendo il mondo dell’arredo e design.
 

È in atto un processo di cambiamento strategico e strutturale all’interno del sistema arredo design. Di cosa ha più bisogno il mondo del progetto?
 

Stiamo vivendo una transizione a partire da qualcosa che credevamo fosse immutabile. È importante capire cosa questo periodo ha insegnato alle aziende del settore. Molte cose che prima davamo per scontate non lo sono più: i modelli d’innovazione e organizzazione aziendale, il tema del lavoro e dei nuovi modelli (smart working) generati dalla pandemia, il cambio dei comportamenti d’acquisto (la deintermediazione via grandi piattaforme di distribuzione). Il mondo delle imprese ha capito che esiste un fronte dell’innovazione ampio che non può più contare solo sulla esperienza pregressa, sulla continuità dei comportamenti e delle scelte. Ciò significa immaginare nuovi modus operandi innovativi in cui quello che comanda è l’esperienza diretta, la costruzione di nuovi prototipi d’azione. Per esempio usare approcci operativi basati sul randomized controlled trial (RCT): vale a dire uno studio controllato randomizzato che porta a fare un prototipo di un’azione e ad usare un’azione confronto per le differenze significative tra i due processi. C’è un prima e un dopo la pandemia: il fatto che nonostante tutte le difficoltà alcune industry (con i nuovi processi costruiti nel periodo emergenziale) abbiano comunque funzionato, ha fatto intuire alle aziende che il metodo e la filiera di visualizzazione e promozione dei loro prodotti, basata sulla strategia dei luoghi fisici, può potenzialmente essere se non sostituita quantomeno integrata fortemente dalla parte del digitale. Questo non comporta la fine di una logica della presenza, ma una forte necessità di innestare i valori della fisicità che non sono riproducibili nel digitale, dall’empatia, alla serendipità, passando per la qualità degli incontri. Tutto ciò che viene realizzato in presenza deve essere trasformato in un contesto per così dire blended: l’obiettivo è quello di coinvolgere il pubblico dall’altra parte del mondo.
 

Gli appuntamenti fieristici avranno la necessità di reinventarsi?
 

Non è in discussione il valore di reputazione e di presenza, ma oggettivamente l’offerta delle fiere è riconducibile a un contenitore che racchiude frazionamenti di servizi tecnici per fare allestimenti. Penso sia molto difficile convincere nuovamente larga parte degli attori che prima partecipavano a questo sistema, a margine di un anno in cui si è capito che le cose possono funzionare anche in altri modi. La pandemia ha accelerato una linea che si stava già tracciando. In un mondo che va verso il Green Deal, per esempio, il tema dei grandi spostamenti per visionare i prodotti produce nuove criticità. Il problema sarà capire come mai è necessario spostarsi e cosa produrre per chi ha ancora questo desiderio. Non credo sarà un tema di espansione di attrattività costante, ma in questa fase recessiva vale la pena capire come e cosa potenziare. Fornendo risponde di valore alle diverse tipologie di impresa, tenendo presente il mercato straniero.
 

Quali le possibili strade da percorrere?
 

In futuro i grandi contenitori che hanno fatto da aggregatori, per continuare ad avere un ruolo dominante in termini di attrattività e competitività, dovranno offrire qualcosa in più. Dovranno essere in grado di produrre palinsesti più fruibili, con la capacità di generare valore e interesse. È un nodo centrale: siamo tutti d’accordo che non ha più senso fare battaglia al contenuto digitale. Quello che importa capire è con che qualità complementare va inserito nell’esperienza dal vivo. Dal punto di vista delle strategie di lavoro c’è poi l’esigenza di concentrarsi sulle strategie di monitoraggio: bisogna produrre evidenze, i famosi indicatori. Questo contesto è un invito a tutti i player in gioco a rinnovarsi.
 

Milano come hub culturale che incarna la contemporaneità. In questo scenario che ruolo gioca la città?
 

Milano Design Week ha un suo heritage ben preciso, negli ultimi 25 anni la città è diventata progressivamente un luogo internazionalmente riconosciuto per la qualità del progetto. L’uragano che ci ha colpito non è selettivo, ma ha ripercussioni su tutte le economie. Milano Design Week era un’economia estremamente importante per tutta la città, in grado di generare numeri a tanti livelli, che credo abbia il bisogno di ritrovare una narrativa complessiva. Le attività individuali, anche meritorie, realizzate dalle aziende non compensano tutta l’esperienza in questione. C’è un gran bisogno di riportare l’attenzione sull’identità della città. La risposta non dovrebbe essere sopravvivere all’uragano, ma pensare alla ricostruzione subito dopo. Per evitare quella piega crepuscolare dell’“era meglio prima”. È necessario allargare gli orizzonti: il mondo del progetto è tante cose insieme, non soltanto furniture. La nuova discussione sul design parla di nuovi materiali e processi, economia circolare e nuovi paradigmi energetici, synthetic design, IoT diffuso, servizi innovativi tutti campi molto più vicini allo spirito del momento. Il design che si chiude esclusivamente nel suo filone di eredità tradizionale, in cui l’Italia ha un grande ruolo, credo non rappresenterà una dimensione espansiva nella sua accezione più ampia. Occorre cambiare. Meticciarsi. Aprirsi. E soprattutto riaprire quella sensibilità che Castiglioni ci suggeriva: la curiosità, l’open-mindendness.

 





Tag: Interviste Stefano Maffei Sostenibilità Cambiamento



© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 12 aprile 2021

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