Esiste uno scarto piuttosto marcato tra questi due modelli finanziari: ecco sette punti che mettono in luce le loro caratteristiche.
Partiamo con il dire che esistono differenze marcate per definizione e contenuti tra “finanza etica” e “finanza sostenibile”. E tanto piùevidenti e ribadite a più riprese da che, l’8 marzo 2018, la Commissione Ue ha pubblicato il Piano d'Azione per la finanza sostenibile. Obiettivo: ri-orientare i flussi di capitale privato verso una crescita sostenibile e inclusiva; gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici e dai suoi impatti sociali; promuovere una finanza più trasparente e protesa agli investimenti a lungo termine, per supportare il Green Deal Europeo.
Quando si parla di finanza etica, intesa e praticata da decenni da molte istituzioni finanziarie in Europa e non solo, si fa riferimento a qualcosa di radicalmente diverso dalla finanza sostenibile che oggi l’Unione europea sta cercando di regolamentare.
Come spiega Daniel Sorrosal, segretario generale di Febea, la Federazione europea delle banche etiche e alternative: “La Tassonomia verde dell’Ue utilizza il concetto di “do not harm” (principio di innocuità). Ovvero, in parole povere, ritiene “buoni” i settori che non procurano danni. Credo sinceramente che questo approccio non sia abbastanza ambizioso. Ecco perché dobbiamo fare un passo avanti. Non dobbiamo limitarci a non danneggiare l’ambiente: dobbiamo rigenerarlo, migliorarlo, essere proattivi. Non solo per non peggiorare la situazione”.
La finanza etica non si limita quindi a tentare di ridurre gli impatti negativi dell’attività economico-finanziaria, ma si prefigge di lavorare per il bene comune, con un impatto positivo che fa leva sul denaro raccolto, puntando su imprese e Stati che fanno proprie le pratiche più virtuose in materia ambientale, sociale e di governance, quindi nel rispetto dei cosiddetti criteri ESG. Come testimoniano ad esempio alcune esperienze in Grecia, Italia, Belgio, Romania e Portogallo.
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Tra gli altri, uno degli aspetti che mette in luce la marcata differenza tra finanza etica e finanza sostenibile è quello dei finanziamenti alle fonti energetiche più inquinanti e problematiche. È di pochi giorni fa il voto che ha sancito il fatto che attività legate al gas e al nucleare rientrano ufficialmente nella lista delle attività economiche classificate come “sostenibili” dalla Tassonomia green: al Parlamento di Strasburgo hanno votato infatti contro la risoluzione che avrebbe escluso questa possibilità 328 eurodeputati, mentre sono stati 278 quelli favorevoli. Cosìè passata una decisione che, come spiega Anna Fasano, presidente di Banca Etica, rischia di rallentare la lotta alla crisi climatica in corso: “In generale significa che sono state allargate le maglie attraverso cui è possibile per gli intermediari finanziari proporre di sostenere finanziariamente anche i comparti del gas e del nucleare, a determinate condizioni, includendoli tra i destinatari di investimenti definiti “sostenibili” ma senza che gli investitori ne siano necessariamente consapevoli”.
Ecco allora sette punti, strutturali e nell’ambito delle norme Ue, su cui finanza etica e finanza sostenibile, e i rispettivi approcci, divergono:
Gli obiettivi di fondo
La finanza sostenibile punta a massimizzare il profitto, il valore delle azioni e i dividendi, senza nuocere (troppo) all’ambiente.
La finanza etica mira a fornire risorse economiche a chi ha progetti imprenditoriali rispettosi dell’ambiente e dei diritti umani e capaci di promuovere inclusione, con obiettivi sociali e ambientali da raggiungere. La realizzazione di utili è perseguita come indicatore di efficienza e strumento per far crescere e rendicointare gli impatti positivi.
Speculazione o sostegno all’economia reale
Per quanto riguarda la finanza sostenibile, la normativa UE non impedisce agli intermediari finanziari che vogliano dirsi sostenibili di continuare a fare un uso spregiudicato di strumenti speculativi e dei paradisi fiscali. Nessun limite viene imposto alle pratiche che generano bolle e instabilità; all’uso dei derivati come pure scommesse speculative; al trading ad alta frequenza.
Gli operatori di finanza etica sono contrari a ogni forma di speculazione: le attività di investimento ed erogazione dei crediti sono tutte orientate all’economia reale. Gli strumenti finanziari sono finalizzati a finanziare imprese attente all’ambiente e ai diritti umani e a garantire un’equilibrata remunerazione del risparmio e degli investimenti.
La finanza etica chiede da anni l’adozione di misure per contrastare la speculazione, come la tassa sulle transazioni finanziarie, introdotta solo in alcuni Paesi, tra cui l’Italia.
Approccio di prodotto vs approccio sistemico [modello “a scaffale” vs “modello olistico”]
La normativa Ue si limita a “certificare” specifici prodotti finanziari come “sostenibili” senza valutare l’operato complessivo degli intermediari che li collocano. Un intermediario può perciò mettere a scaffale prodotti identificati come green, mantenendo accanto ad essi prodotti che investono magari su armi, petrolio, gioco d’azzardo...
Gli operatori di finanza etica mettono invece la valutazione degli impatti sociali e ambientali al centro di tutti i prodotti finanziari proposti e di tutte le pratiche aziendali, incluse ad esempio le politiche di remunerazioni dei manager e l’equa distribuzione degli incentivi. Le valutazioni di impatto ambientale e sociale di tutti i crediti e degli investimenti sono dunue parte, a pieno titolo, del sistema di controlli interni su tutte le attività.
Modelli di governance
La normativa europea sulla finanza sostenibile non impedisce in alcun modo che a definirsi sostenibili siano intermediari finanziari caratterizzati da forte opacità e gestiti con una struttura societaria e di governance che sfrutta sistemi di “scatole cinesi”.
Gli operatori di finanza etica prtaticano e promuovono una governance trasparente e partecipativa.
Peso dei parametri ESG (ambientali, sociali e di governance)
Nell'approccio dell'Unione europea la sostenibilità è definita quasi esclusivamente guardando agli impatti ambientali e in particolare all’obbiettivo di limitazione e riduzione delle emissioni di gas serra (CO2 in primis).
La finanza etica valuta, con appositi parametri e indicatori, ogni aspetto ambientale, sociale e di governance delle attività che finanzia con il credito e con gli investimenti, e anche le interrelazioni tra i diversi indicatori. Vengono adottati criteri di esclusione in diversi settori, con soglie di tolleranza consapevoli e limitate.
Per quanto riguarda la valutazione ESG dei fondi di investimento, gli intermediari finanziari che si ispirano alla finanza etica si dotano di una propria metodologia di giudizio che usa informazioni raccolte da database nazionali e internazionali, integrati da quelli di organizzazioni non governative e utilizzandoli in modo attivo, non applicando passivamente punteggi forniti da terzi.
Lobby e advocacy
I grandi operatori dediti all’attività speculativa, che non è esclusa dalla finanza sostenibile, investono molti capitali e risorse in iniziative di pressione lobbistica sulle istituzioni generalmente mirata a una deregolamentazione dell’economia o per avere regolamentazioni compiacenti con i propri interessi alla massimizzazione dei profitti, anche a scapito di un vantaggio colettivo.
La finanza etica aderisce a campagne di advocacy promosse dal basso e orientate al bene comune, e sostiene – con mezzi economici assai più limitati – iniziative di lobby per supportarle, investendo inoltre in progetti di educazione critica alla finanza e chiedendo ai decisori politici di regolamentare e tassare la finanza, affinché quest’ultima possa contribuire a uno sviluppo sano e inclusivo in tutto il pianeta. Nel corso del tempo, oltre alla già citata pressione per un’introduzione generalizzata della Ttf, dal mondo della finanza etica sono state avanzate proposte contro l’eccessiva finnziarizzazione dell’economia (e per la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento), per il contrasto ai paradisi fiscali (tramite l’adozione universale del country by country reporting), per porre limiti all’uso dei prodotti finanziari derivati... Le iniziative sono portate avanti in modo diffuso, grazie all’attivo coinvolgimento di soci (partecipazione) e gruppi della cittadinanza attiva.
Engagement e azionariato attivo
La finanza tradizionale – anche quando propone prodotti di finanza che si può definire “sostenibile” – tende a cercare solo i rendimenti nelle società che supporta finanziariamente. Per questo l’investimento azionario e la partecipazione alle attività delle imprese si limita generalmente alle necessità finalizzate al rendimento economico.
La finanza etica ha tra i suoi obbiettivi la contaminazione e la trasformazione delle attività economico-finanziarie secondo i propri valori, e tramite forme di azionariato critico/attivo e di coinvolgimento (engagement) cerca perciò il dialogo con le imprese su cui investe per stimolarle a migliorare sempre le pratiche e i risultati sul piano sociali, ambientali e di governance.
*Questo contenuto è realizzato in collaborazione con Banca Etica, prima e unica banca italiana ispirata, appunto, ai principi della finanza etica, che prende in considerazione ogni aspetto ambientale, sociale e di governance delle imprese che sceglie di finanziare.
Tag: Banca Etica
© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 20 luglio 2022